Abbiamo intervistato per voi Massimiliano Santarossa. Il 28 Dicembre 2015 abbiamo pubblicato la recensione di uno dei suoi libri :”Il male“. La recensione è stato frutto anche di una piacevole intervista che abbiamo potuto fargli, dove ci ha narrato un po’ della sua vita e del suo ultimo lavoro “Metropoli” in cui l’autore “mette in evidenza tutta la conoscenza diretta di una realtà, quella del Nordest industrializzato e dello sfruttamento dell’uomo, insieme al suo messaggio di denuncia nei confronti di una società capitalistica sempre più spietata, vengono fuori in modo sorprendente. (Fonte: Il fatto quotidiano)”

Quali sono state le motivazioni che ti hanno portato a scrivere “Il male”? Perché la scelta di usare Lucifero come reporter?
Avevo scritto cinque romanzi che narravano la periferia italiana, il disagio della vita, l’emarginazione, storie vere, vissute, in letteratura lo chiamano appunto realismo, come sappiamo. Io l’ho sempre visto come un modo di narrare ciò che i corpi fanno nella società, a quel punto mi interessava narrare ciò che la società fa nei corpi, nell’anima per chi ha fede, nelle terminazioni nervose per chi è ateo. Il caos delle città, le mille luci, i mille rumori, le paure intime e inconfessabili, questa cosa chiamata crisi economica e morale, l’esaltazione, la tristezza, il mare di emozioni che ogni giorno ci infliggono, i nuovi modi di comunicazione, la velocità della vita attuale, insomma ciò che troviamo fuori casa cosa produce in noi, come ci trasforma? Il male è il viaggio in tutto ciò di un Lucifero metaforico, interessato a noi, a differenza di Dio: che abbandona. Solo il figlio cacciato dai cieli nel mio immaginario poteva narrare per davvero i figli schiacciati in terra. Una narrazione in qualche modo tra pari. Gli esseri umani vivono e Lucifero vede e sente, e solo dopo pronuncia un non-verdetto, per cui una narrazione onesta, e per assurdo più reale del reale.
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